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PAPPE E FAVOLE
 
 
Alla ricerca della ‘erre’ mancante
Una delicata favola per bimbi
che stanno imparando a parlare correttamente

Era una mattina radiosa, il sole era già alto nel cielo e la primavera, che si respirava ormai da qualche giorno, invitava Lauretta ai giochi all’aperto.

I suoi splendidi  riccioli biondi,  contornavano un luminosissimo viso dalle gote rosse, aveva sei anni e frequentava da poco la prima  elementare , stava imparando molte cose: leggere, scrivere, suonare la  melodica... Una cosa però la infastidiva e preoccupava un poco: la sua ‘erre’!

Non la sapeva proprio pronunciare e ciò, oltre alle sensazioni appena dette, stava diventando il suo vero ‘cruccio’. Così, decise che ne avrebbe parlato con la sua mamma, nella quale riponeva una profondissima fiducia. Presa da questi pensieri, Lauretta si alzò e scese in cucina per la colazione. Era sabato e poteva prendersela con comodo,  usando tutto il tempo che occorreva per chiedere alla mamma un consiglio che  l’aiutasse a risolvere il suo problema.

“Ciao mamma, come stai?” chiese mentre le veniva posta innanzi una tazza di cioccolata fumante (era la ‘coccola’ del sabato alla quale la bimba teneva moltissimo!).

“Molto bene amore, grazie. E tu?”  La mamma rimase stupita da quella domanda; non che Lauretta fosse una figlia poco affettuosa ma, di solito, diciamo un po’...’distratta’. Insomma, era la prima volta che s’informava sullo stato di salute della sua mamma e ciò convinse la stessa ad indagare.

“Cosa succede tesoro, c’è qualcosa di cui  mi vorresti  parlare ?” chiese la mamma con tono amorevole.  Accigliata, Lauretta rispose: “Si mamma,  la mia ‘errrre’ ! “ tentò di dire senza saperla  esprimere. Il suono emesso, malgrado il massimo  sforzo, era più vicino al  gracidare incerto di una  piccola ranocchia e questa consapevolezza, le dava sui nervi.

La mamma le  sorrise dolcemente, le si sedette accanto poi  disse: ”Sai, anch’io quando avevo la  tua età ebbi lo stesso ‘problema’ ma non ero l’unica! Infatti, nella mia classe, altri due compagni erano in ritardo con la erre. Una maestra di allora, però, possedeva il segreto per ’ trovarla’.... .

A queste parole, Lauretta s’illuminò e subito chiese alla mamma di accompagnarla da colei che l’avrebbe salvata dall’imbarazzo quotidiano (infatti, non di rado, veniva schernita da qualche compagno di classe assai burlone!). Cosicché, dopo una minuziosa ricerca, la mamma riuscì ad individuare l’indirizzo della sua vecchia maestra, la quale, da molti anni abitava in una casa immersa in un folto bosco, lontano da ogni altra abitazione  vivendo in solitudine, attorniata, le dissero, solamente dai suoi libri e da molti alberi.

Queste informazioni affascinarono ed incuriosirono Lauretta ma anche la sua mamma, la quale decise che il giorno seguente, sarebbero partite alla volta di Belpensiero; così si chiamava lo sperduto paesino del bosco.

Erano le dieci del mattino quando arrivarono a destinazione. Il luogo si presentava quieto e quasi ‘fermo’; i pochi abitanti incontrati, si muovevano lentamente, come se fosse un giorno di festa e, alla loro richiesta di informazioni, quattro donne risposero in coro: “ Laggiù, laggiù, oltre la quercia gigante dal ventre capiente. Là troverete la maestra!”.

Incamminatesi, madre e figlia pensavano alla singolarità di quel luogo ‘fuori dal tempo’ e si chiedevano come sarebbe stato l’incontro con la donna che forse avrebbe potuto aiutarle..... .

Questi pensieri si interruppero quando, all’improvviso,  innanzi a loro, comparve uno scenario meraviglioso. Non più quelle casupole basse immerse nel nulla; ma, superato il grande albero col grosso incavo nel tronco, rifugio per gli scoiattoli, si ritrovarono davanti ad un alto cancello in ferro battuto, trattenuto da due colonne bianche, rivestite di verdissima edera. Lo toccarono e, come d’incanto, si aprì su un  folto parco blu: la distesa  di  iris fioriti,  sembrava  colorare persino l’aria!

Immerso in un contesto di straordinaria bellezza : eccolo! Un castello dai tetti di pizzo (tali sembravano i coppi, creati ad arte, uno ad uno); le finestre incastonate in cornici variopinte ed allegre e la grande scalinata in pietra bianca che conduceva all’ingresso, era circondata da piante ornate da incantevoli fiori profumatissimi,      

 “Che luogo incantato è mai questo!”, pensò Lauretta mentre la sua mamma batteva il grosso anello di ottone posto sul portoncino d’ingresso.

Ad aprire venne LEI! Una signora minuta dal viso dolcissimo e sorridente che disse loro: “Benarrivate,  io sono Margherita. Accomodatevi, nel salottino rosso, staremo benissimo!”. Si sedettero sul divano di velluto giallo dalle gambe bombate; di fronte a loro, un camino di marmo rosa e alle pareti, la tappezzeria con gigli rossi e oro zecchino. La maestra si sedette  sulla poltrona posta sopra un tappeto persiano vicino al divano e chiese come potesse essere loro d’aiuto.

Fu Lauretta a parlare:” Sono spesso in imbarazzo, la mia evvre......” Disse la bambina sforzandosi ed arrossendo.

Margherita, che aveva  lunga esperienza in merito, capì subito ed evitando alla giovinetta ulteriore turbamento,  prese dalla grande libreria a parete della stanza attigua, un librone antico dalla copertina alta e scura, lo aprì e, con tono serio, disse alla sua piccola ‘alunna’: “Reciterai questa formula magica tre volte al giorno, sino al raggiungimento della ‘ erre’ perfetta!”.

E mentre la mamma di Lauretta si accingeva a scrivere, la maestra iniziò:” Una rana verde-rossa, una sera ruzzolando dal burrone rischiò di finire tra le ruote ruotanti del carro marrone ricco di grano; ma il ramarro Verdone corse in soccorso e, rovinando allegri nel ruscello, ritornarono, gracidando tra le loro fresche frasche”.

La sera, Lauretta andò a letto speranzosa d’avere ottenuto  il rimedio al suo antipatico impiccio e dormì il sonno della serenità.

L’indomani e per qualche manciata di giorni ancora, la bambina si esercitò, imparando la ‘formula magica’ a memoria e divertendosi  nell’immaginare  e nel disegnare la scena narrata.

Una mattina di giugno, un raggio di sole sfiorò il suo viso, svegliandola ed essa disse ad alta voce, ricordando il sogno appena interrotto: “ Ora ride la rana verde rossa”. Con grande sorpresa, si accorse che la sua lingua si era ‘SCIOLTA”, la ‘ cura’ della maestra Margherita aveva funzionato!

Scese dal letto e raggiunse  la sua mamma in cucina. Saltellante, raccontò d’un fiato la vicenda della rana. Poi,  pronunciò il proprio nome, senza più dar l’impressione di nominare ‘l’auletta’ di informatica della scuola e fu felice di ascoltare, finalmente sua, la bella erre vibrante imporsi sicura.

 

Teresa Stringa

04/03/2009




 
 
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